IAKI

“Caro nipotino, chatta con la storia del mondo”

un sabato col nonno Pietro che gli da pazienti spiegazioni

Alle porte del nuovo anno, in un giorno perfetto, il 3 gennaio 2014, esce sull’Espresso un bellissimo articolo di Umberto Eco dal titolo “Caro nipote, studia a memoria”. Un’attenta riflessione sulla tecnologia in formato letterina. Il semiologo e scrittore scrive al nipotino: “manda a mente ‘La vispa Teresa’, ma anche la formazione della Roma o i nomi dei domestici dei tre moschettieri. Perché Internet non può sostituirsi alla conoscenza né il computer al nostro cervello”.

Alcuni frammenti:

“[…] Mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. […]. Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione […]: la perdita di memoria. È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto […] il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa”.
“[…] la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo […]. Il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis”. 
“Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici, ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. […]. Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”. (cit. da Umberto Eco su L’Espresso). 

Un controsenso per una copywriter che oggi lavora in un’agenzia di social media marketing e che fa del customer engagement la sua missione, e che ogni giorno mastica comunicazione plasmandola su progetti di social media strategy, e che non potrebbe mai vivere senza il suo mac. No, non è così. Seppur io faccia questo mestiere digitando, ho imparato ad amarlo sulla carta. E poi chi ha detto che le due cose non vadano di pari passo?

Soffermiamoci sull’importanza che hanno i sentimenti primordiali: quelli del contatto umano, del coinvolgimento fisico, dello stupore ottico, dei brividi epidermici, della nostra mente quale principale enciclopedia del mondo. A questo punto:

cosa vuol dire per un’agenzia di customer engagement “imparare a memoria La Vispa Teresa”?

Fare un progetto che sia vispo, che abbia come principale obiettivo l’empatia. Quella vera, quella di tatto, quella fatta per essere ricordata. Ricordata perché quel progetto lo abbiamo toccato con tutti i sensi. Lo abbiamo vissuto da dentro. Ne abbiamo colto la realtà. Non lo abbiamo guardato solo da un monitor, ma lo abbiamo visto in carne e ossa.

La stessa cosa succede con la fotografia. Quante volte in una città desideriamo fare una foto per ricordare? – Ma è davvero così importante farlo? – La macchina fotografica non è l’occhio della mente, scrive Linda Henkel ricercatrice della Fairfield University. Lo scatto diventa una sineddoche dell’oggetto in sé, un tipo di ricordo visivo. La macchina fotografica riprende quello che sta guardando l’occhio in quell’istante, ma il cervello umano è molto più flessibile. Quello che il cervello ricorda non è di certo quello che viene fotografato*, ma è quello che viene vissuto, è l’emozione che ci viene lasciata.

E allora che sia un evento, o un giro a Kuala Lumpur, viviamo attivando le nostre connessioni sociali. Tutte. Quelle online e quelle offline. Quelle di occhio e quelle di pelle. Spremiamo le meningi e premiamo i tasti. E fatemi chiudere con un’acrobazia copy, una metonimìa: ascoltiamo la nostra mente, alziamo la testa dallo screen, guardiamo e sentiamo da vicino.

Stupiamoci toccando con mano. Vivendo dal vivo.

*Informazioni tratte da Linda Henkel – “La macchina fotografica non è l’occhio della mente” – saggio uscito su Psychological Science di dicembre consultato su Vice Italia. 

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