Qualche giorno fa “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino ha trionfato agli Oscar 2014 come Miglior Film Straniero, riportando la tanto amata statuetta in Italia dopo ben 15 anni.
In questa 86ª Notte Stellata, ospitata al Dolby Theatre di L.A. il 2 marzo 2014, anche la musica sale sul palco. La canzone “Happy” di Pharrell Williams, uno dei produttori di maggior successo dell’era contemporanea, viene candidata come Miglior Canzone. Tra applausi, trionfi e sorprese, il genio Pharrell non ottiene alcun premio, ahimé, ma riesce a far scatenare persino Meryl Streep.

Impatto visivo, divertimento e stupore. Questi gli ingredienti per uno storytelling emotivo di successo.

Nella saturazione comunicativa che abbiamo intorno è impresa assai ardua trovare formule innovative e originali, ma Pharrell ci è riuscito. Il videoclip di “Happy” ha fatto il giro del mondo. E cosa ha prodotto? Una reazione viscerale e autentica, un profondo coinvolgimento del pubblico, di tutto il pubblico. Dai bambini, ai ragazzi, ai 50enni scatenati e ai nonni fuor di pensione che hanno tamburellato con il dito sul tavolo. Skateboard P (nickname di Pharrell Williams) ha saputo parlare a chiunque. Ha raccontato il suo stato d’animo.
E ha fatto centro.

Pensare ad emozioni e trasformarle in immagini. Per cosa?
Fare engagement storytelling in musica.

Un concept creativo: happy. Una strategia di comunicazione: costruire, muovere e definire atteggiamenti. I canali: un sito in cui “Happy” è in loop per 24 ore. Un video in cui compaiono ballerini improvvisati, professionisti, personaggi famosi e non, che si muovono per le vie della città sotto lo sguardo dei passanti. Un piano sequenza continuo che non ha un inizio e una fine definiti, ma scelti dall’utente.

Obiettivo: creare buzz e interazione con l’idea stessa.
Risultato: viralità senza skip.

E tutti ballano: Giamaica, Inghilterra, India, Russia, Tunisia e anche l’Italia. Ovunque compaiono video virali dove i cittadini si esibiscono nella canzone “Happy” di Pharrell Williams. Un contagio, un tormentone. I pubblicitari del futuro non parleranno più di “effetto Willy Wonka”, ma di “effetto Pharrell“.

Ma cos’ha funzionato nei video engagement storytelling di “Happy”?

Lo storytelling, appunto: i micro-racconti. L’empatia, il coinvolgimento emotivo. Il pensiero divergente, la voglia di cercare idee, intuizioni, spunti fuori dal dominio della logica.
End benefit: viralità.

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