Quando sei qui con me, questa stanza non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti. Quando sei qui vicino a me, questo soffitto viola, no, non esiste più“. Il paroliere in questione è Gino Paoli e l’anno è il 1960. La reason why: l’amore. La supporting evidence: il marketing esperienziale. L’idea: le brand rooms.

Il brand esce dallo scaffale e si cerca una stanza in affitto. Questo sta avvenendo. Si cercano continui modi di comunicare al target attraverso vetrine, negozi, stanze totalmente dedicate alla brand experience. Si cerca un’atmosfera più intima, familiare, raccolta. Ma perché succede? Il brand è come una persona umana, un soggetto mutevole. Si addormenta e poi rinasce sfruttando dinamiche di memoria radicata. Sugli scaffali ci sono una miriade di marche, il consumatore non riesce a orientarsi, non percepisce più la personalità distintiva dell’una o dell’altra, e anche il brand stesso è confuso. A questo punto avviene il momento di lucidità, di ricerca di nuove certezze, di riaffermazione del proprio carattere; “io ho una reputazione da difendere”. Così riprende in mano la sua personalità e la adatta al mercato. Ci vuole più contenuto, più lifestyle, più esperienza.

Secondo Jeremy Rifkin si assiste alla costruzione di un recinto della cultura in modo da poterla mercificare e trasformarla in esperienze. A partire da questo lo Stanford Reasearch Institute ha creato il VALS, il Value and Lifestyle che mette in correlazione le coordinate socioeconomiche di un soggetto “per prevedere il tipo di esperienza che potrebbe gradire maggiormente”. È quello che capita all’interno di queste esperienze: costruiscono un’enciclopedia personale, scorribande ipertestuali non generalizzabili. Individuali. Intime. Ecco perché i brand si sono messi alla ricerca di casa. Sapevano che al consumatore sarebbe piaciuto.

Ode al Marketing esperienziale.

Alla stregua di questo ragionamento nel 2013 Starbucks decide di adeguarsi alla cultura anglosassone del “Tea time at 5 o’clock” e apre un Teavana Fine Teas nell’Upper East Side di Manhattan, il suo primo Tea Bar newyorchese. Un negozio interamente dedicato al tè. La portavoce di Starbucks Holly Hart lo definisce: “Un parco giochi del tè, più interattivo e coinvolgente, diverso dalla solita filosofia ‘compra e vai’, ma un’immersione in un mondo di prodotti”.

Il pensiero non è scisso da quel che il proprio corpo sente, prova, esperisce…

…così si costituisce il “corpo del me” (Fontanille). Un circolo esperienziale fatto di Sense, Feel, Think, Act e Relate. Ricompaiono i famosi “Moduli Strategici Esperienziali”: sensorialità, sentimento, intelletto, azione e relazione. Tutti da mettere insieme in un unico luogo, per un unico scopo, per un unico brand.

Le persone vogliono sentire il contatto umano, ne hanno bisogno per sentirsi protette, per continuare a sentire il valore di una cultura esistente, per maturare certezze, vogliono una “stanza tutta per sé”. Esperienza, vita, “tocco”, gli ingredienti giusti per dare credibilità ad un brand, per stimolare un incontro che crei ricordo.

E per chi avesse voglia di tornare indietro di qualche anno, ecco una chicca:

 

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