Facebook, Twitter e più in generale le piattaforme social, hanno assunto nel corso degli anni una connotazione ben al di là della semplice condivisione di contenuti estemporanei. Nelle situazioni più difficili questi network spesso diventano un luogo dove diffondere informazioni riguardo ciò che succede intorno, come ad esempio disastri naturali, agitazioni popolari o guerre. Il mondo del giornalismo ha imparato ad abbeverarsi dal bacino dei social network a piene mani, a volte dimenticando di mantenere quell’approccio deontologico necessario a preservare la qualità dell’informazione.

Un caso celebre è stato quello della ragazza gay di Damasco, Amina Arraf. I media mondiali hanno riposto parecchia attenzione nei confronti del blog della giovane di origini siriane-americane, fino a quando proprio su queste pagine è stata annunciata la scomparsa di Amina da parte di un cugino. Il caso diventa virale, scatenando iniziative di altri blogger e ancora più attenzione dei media tradizionali. Il “Free Amina” si interrompe quando uno studente americano a Edimburgo pubblica sul suo blog la confessione: è lui l’autore di tutti i post, la ragazza non esiste. Il problema è che era possibile rendersi conto della grossa cantonata eseguendo il fact checking, ovvero verificando la fonte e le informazioni. Successivamente il consolato ha infatti affermato che nei loro database non risultava nessuno corrispondente al profilo di Amina, oltre al fatto che nessun giornalista pareva aver incontrato la giovane in persona. Le foto circolanti ritraevano in realtà una donna di Londra che non era neppure mai stata in Siria.

Cosa si può fare per proteggere sé stessi e il pubblico da simili errori?
Verificare i dati prima di pubblicare, tramite alcuni servizi online, ma soprattutto modificando l’approccio, avvalendosi per esempio degli strumenti dell’OSINT.

OSINT sta per Open Source INTellingece, e rappresenta l’attività di raccolta di informazioni mediante la consultazione di fonti di pubblico accesso. Questo tipo di indagine può riguardare diversi tipi di media, prendiamo in analisi le tipologie principali.

I documenti di testo possono contenere preziose informazioni all’interno dei metadata dei file, come per esempio il nome dell’autore, la data di creazione e modifica, il percorso sul server dove era archiviato, il sistema operativo usato e tanto altro ancora. Foca Forensics permette di eseguire questa indagine, svelando per esempio se un nuovo documento rilasciato da Anonymous trafugato alla polizia sia veramente tale.

Le immagini possono essere esaminate seguendo diversi parametri, i metadata possono rivelare il dispositivo impiegato per lo scatto, le coordinate geografiche e molto altro, mentre l’ELA, Error Level Analysis di una foto, può darci indicazioni riguardo un possibile editing e dunque mistificazione. FotoForensics può aiutarci in entrambe i casi. Google Immagini è un altro utile alleato in grado di svelare se la foto di un utente sospetto sia stata trafugata in rete, o addirittura rivelarci il luogo ritratto in un’immagine. TinEye analogamente a Google può svelarci se una certa foto sia presente altrove in rete.

I video possono essere validati seguendo l’ingegno. Possiamo verificare le condizioni climatiche che appaiono con quelle registrate su WolframAlpha, oppure verificare che un luogo sia veramente quello mostrato consultando Google Street View o Google Earth.

In definitiva conta l’approccio: discovery, selection, formulation, delivery.

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