Snapchat è ormai l’applicazione più popolare tra i giovani, con oltre 670mila utenti attivi in Italia e statistiche che fanno tremare perfino Zuckerberg (che, ricordiamolo, non è riuscito a comprare l’app neanche con un’offerta da 3 miliardi di dollari). E già questo, forse, sarebbe sufficiente per introdurlo nella strategia social della maggior parte dei brand. Eccone altri tre motivi: 

  • Perché ha dettato nuove logiche di fruizione, che confermano un trend ben noto al mercato, lo spostamento della comunicazione social dal pubblico al privato. Dopo Messenger e i DM su Instagram, Snapchat è la conferma e l’estremo di questa tendenza: non si interagisce pubblicamente, ma solo one to one. E forse questo è il motivo per cui alcuni studi sostengono che Snapchat offra una user experience migliore rispetto ai concorrenti.
  • Perché è intrattenimento puro, dal basso. Dalla nascita dei social siamo abituati a sottolineare il ruolo della community come fonte di spunti per migliorare l’offerta e il valore del brand. Ebbene, in questo caso la geolocalizzazione permette a ciascuno di contribuire con la sua storia e diventare parte di un vero racconto collettivo. Come dice Evan Spiegel, il fondatore di Snapchat, “Somewhere along the way, when we were building social media products, we forgot the reason we like to communicate with our friends is because it’s fun.”
  • Perché finalmente porta guadagno. È di alcuni giorni fa l’annuncio di nuove API per la pubblicità all’interno dell’applicazione, che potrebbero risolvere più di un problema dei brand, primo fra tutti quello della permanenza in app browser. “Quello che succede su Snapchat rimane su Snapchat” – era il fondamento dell’app, ora non più: gli inserzionisti potranno scegliere di inserire all’interno dell’annuncio azioni aggiuntive come il link verso un sito esterno. 

Grazie a quest’ultima cruciale innovazione l’azienda punta a raggiungere 1 miliardo di dollari di fatturato nel 2017. Impresa impossibile o solo audace?

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