Tante voci del mondo dell’informazione sono riunite a Perugia per l’ottava edizione del Festival del Giornalismo. Tra i temi della seconda giornata di incontri, gli UGC hanno dominato la discussione e fornito spunti di riflessione per le newsroom e per tutte le realtà editoriali che utilizzano sul web, sui social o in tv contributi multimediali forniti dagli utenti.

Lo scorso anno, nella stessa sede del Festival, notavamo come il tema centrale della produzione di news fossero i contenuti prodotti dai non addetti ai lavori e il citizen journalism.

Quest’anno la discussione si è spostata dal citizen journalism all’accidental journalism, per citare Claire Wardle del Tow Center for Digital Journalism, che ha partecipato alla panel discussion “User generated content (UGC) per le news” per presentare con il collega Sam Dubberley uno studio sull’utilizzo degli UGC da parte di otto canali broadcast. Si tratta infatti di contenuti che l’utente non ha prodotto perché diventassero contenuto informativo nelle mani di un canale tv o di un giornale. A questo proposito sono interessanti gli spunti sul piano giuridico (e i casi e le limitazioni previsti dalla Direttiva 2000/31/CE): l’embedding di un contenuto non comporta responsabilità, mentre l’utilizzo di disclaimer vaghi e che non fanno riferimento all’autore può comportare problemi sul piano giuridico. È anche importante valutare qual è la fonte cui rivolgersi per chiedere i credits: l’autore del contenuto o il sito su cui il contenuto è stato postato, al quale l’utente iscrivendosi ha ceduto la licenza d’utilizzo se non la proprietà? Le diverse fattispecie sono da verificare caso per caso, ma si tratta di un tema etico e di responsabilità su cui è urgente dibattere se, come emerge dallo studio del Tow Center, solo il 16% dei contenuti UGC presi in analisi riportavano credits completi.

Un altro tema importante e trasversale è quello della verifica delle fonti e del fact-checking: le prime fasi consistono nel controllo di authority e affidabilità dell’utente, data di caricamento e data di iscrizione al social su cui è stato caricato il contenuto, geo-localizzazione e orario di pubblicazione.

La verifica delle fonti su Internet e i social non è una scienza esatta e spesso appare come uno sforzo che richiede tempo e risorse non sostenibili per una redazione. In realtà si tratta di adottare alcuni accorgimenti semplici e la risposta talvolta può essere trovata con una semplice ricerca su Google Images. Gli autori del Verification Handbook, presentato ieri a Perugia, si rivolgono proprio ai giornalisti che hanno paura di soccombere di fronte alla mole di informazioni e rumore che i social possono offrire. Il rumore, se ben gestito, può diventare lo spazio per creare una rete di fonti affidabili: si tratta di gestire la folla, come sostiene Mathew Ingram di GigaOm.

Una maggiore verifica sulle fonti degli UGC è un’operazione fondamentale, soprattutto per prevenire la pubblicazione di bufale e notizie false che in sede di smentita saranno attribuite alle testate che hanno condiviso un contenuto erroneo. I tweet sbagliati si possono cancellare, ma è bene ricordare una massima che vale per tutti i fail dell’Internet: verba volant, screenshot manent.

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