Con una crescita percentuale del 12% in più rispetto al 2020, l’influencer marketing in Italia non è affatto in dirittura d’arrivo. Ma anzi si impone al pari dei media affermati, con una stima di investimento nel 2021 pari a 272 milioni di euro.

Anche per le aziende che sono ancora “timide” è tempo di abbandonare il vecchio stampo. Vediamo insieme alcune considerazioni.

Creators: non figure mitologiche ma dei consulenti

Partiamo dal nome con cui vengono definiti oggi gli influencer. Questa figura sta cambiando tantissimo e il merito è in parte di TikTok che, sulla creatività di chi fa parte della community ci ha costruito un impero.

Ed è infatti la piattaforma stessa a chiarire che queste figure si stanno ridefinendo a tal punto da essere chiamate ormai Creator, non più influencer.

Influencer marketing, perché si?

Come riporta Giorgia Capponi, Agency Partnership Leader di TikTok:

  • Non si tratta più solo di numeri, di vanity metrics, ma di creatività, che infatti è premiata dall’algoritmo. I creator parlano il linguaggio della piattaforma meglio di chiunque altro.
  • Un bravo creator reinterpreta in maniera creativa i messaggi del brand per avvicinarsi al target in modo naturale. Sono quindi da considerare quasi come “consulenti”.
  • I creator su TikTok hanno a disposizione una quantità impressionante di strumenti per realizzare contenuti molto originali: tra filtri, editing, montaggio, lip sync, TikTok ti porta a fare tutto in app senza aiuto di soluzioni terze.

Sempre più diversity

Ed è proprio sulla piattaforma cinese che i creators e gli influencer vanno in direzione della diversity. Qui infatti è incoraggiata l’audacia di esprimere sempre sé stessi e si celebra qualsiasi tipo di diversity tanto che l’hashtag corrispondente ha raggiunto oltre 4 milioni di visualizzazioni.

E sono gli stessi influencer, spesso “multipiattaforma”, a percepire davvero la differenza nell’esprimersi sull’una piuttosto che sull’altra.

Come dichiarato da Martina Socrate infatti: “TikTok permette di esprimersi senza vergognarsi. Su altri social c’è più hate e diventa più difficile essere sé stessi. Qui la community sostiene molto i creators.”

Questo è il motivo per cui certi formati apprezzati su TikTok, vedi i POV, sono totalmente fuori focus su Instagram.

Ciò che da una parte è ritenuto un buon contenuto, dall’altra è talvolta visto come cringe, e viceversa. Quindi attenzione a cosa, dove e con che influencer si comunica un messaggio.

Nella botte piccola (a volte) c’è il vino buono

Proseguendo sul valore del contenuto che si comunica, per i brand diventano sempre più fondamentali i micro influencer (o micro creator, a voi da che parte del dibattito schierarvi), poiché offrono un’opportunità di targeting molto preciso dato il loro approccio di nicchia allo storytelling.

Ancora una volta la parola d’ordine è creatività perché, sempre lasciandosi alle spalle le “famose” vanity metrics, è proprio questa che deve entrare in gioco per coinvolgere un brand e allinearsi nel modo migliore ai suoi valori.

I micro influencer, se bravi, possono realizzare contenuti rivolti sì ad un pubblico ristretto ma di valore non solo per il brand ma anche e soprattutto per gli utenti, pochi ma fidelizzati, che li percepiscono come contenuti editoriali: il che ha un impatto positivo sulle performance 📈

E c’è un dato che ci conferma in maniera spiazzante questa tendenza: secondo l’UPA, l’interazione media sui post brandizzati è superiore rispetto a quelli non brandizzati, in particolare per gli influencer con meno di 100k follower. Shock! 💥

Influencer marketing, la voce della Gen Z

Concludiamo con l’ormai sdoganato mondo del podcast, che è da tenere in considerazione anche per gli influencer, che da tutti i settori si stanno cimentando nelle esperienze audio. Il podcast diventa il modo per estendere la propria portata e mantenere coinvolti i propri follower, soprattutto i membri della Gen Z che, secondo Spotify, “ricercano nello strumento un modo per esprimersi e consolarsi”.

Perché andare in questa direzione? Perché i podcaster sono percepiti come una nuova fetta di creator (per citare nuovamente il termine) più accessibili ed affidabili. Ed è sorprendente come tra i giovani (Millennials e Generazione Z) il 36% riponga maggiore fiducia in loro piuttosto che nei media tradizionali.

Si moltiplicano quindi le opportunità di influencer marketing, declinando in audio il legame con il brand.

Non è ora di testare con mano questi trend? Buttatevi, ci siamo noi, la vostra agenzia multigenerazionale con un occhio attento come agenzia Gen Z!

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